BREVE STORIA DEL CALORE E DELLA TERMOMETRIA
Il primo fra gli scienziati moderni ad interessarsi al calore e alla
termometria fu Galileo Galilei che si interessò allo studio quantitativo dei
fenomeni termici per misurare i quali inventò il primo termometro a gas.
Solo a cavallo fra 1600 e 1700 furono compiuti grandi passi avanti nel campo
della termometria principalmente da parte di Gabriel
Fahrenheit(1686-1736),Reamur Rene Antoine Ferchault (1683-1757) e Anders
Celsius(1701-1744).
Questi scienziati svilupparono diversi tipi di termometri, sia a gas che a liquido, e stabilirono alcuni “punti fissi” (come la temperatura del ghiaccio fondente o dell’acqua in ebollizione) mediante i quali stabilirono le scale termometriche. Un altro importante passo avanti si deve a Joseph Black(1728-1799) cui si deve l’importante concetto di “calore latente”(Calore latente:Si chiama “calore latente” il calore che bisogna fornire ad una sostanza perché avvenga il passaggio di stato. Il calore latente è proporzionale alla quantità di sostanza che subisce il passaggio di stato).Questo scienziato fece importanti osservazioni sul calore, considerandolo addirittura alla stregua di una vera e propria sostanza, capace di unirsi e separarsi dalle altre sostanze; durante i suoi studi introdusse la nozione di “calore latente” per quanto riguarda i cambiamenti di stato.Nonostante questi progressi la natura del calore non era capita. Esso era generalmente considerato un fluido imponderabile, chiamato “calorico”, costituito da piccole particelle che si respingevano una con l’altra, ma che erano attratte dalla materia.Si pensava che il “calorico” scorresse da corpi più caldi a corpi più freddi e lo sviluppo del calore per attrito era spiegato come al fatto che l’attrito rimuove un po’ di calorico e perciò fa apparire il corpo più caldo.La fusione dell’acqua era spiegata come combinazione del calorico col ghiaccio in modo da formare acqua. Anche Black aveva aderito alla teoria del calorico, nonostante vari scienziati precdenti, inclusi Newton e Boyle, fossero più inclini a credere che il calore fosse collegato ai movimenti delle particelle dei corpi. Alla fine del 18° secolo, Benjamin Thompson (1753-1814), conte di Rumford, condusse quelli che, solo anni dopo apparvero essere stati esperimenti convincenti sulla natura del calore.
Riporto qui di seguito alcuni appunti personali di Thompson sugli esperimenti condotti:
“Essendo
impegnato, ultimamente, nel sorvegliare la perforazione del cannone, nelle
officine degli arsenali militari a Monaco, fui colpito dal considerevole grado
di calore che un cannone di ottone può acquisire in breve tempo, quando viene
perforata; e dal calore ancora più intenso (maggiore di quello dell' acqua in
ebollizione , come misi in evidenza tramite esperimenti) delle scaglie
metalliche separate da essa dalla fresa. Più io meditavo su questi fenomeni più
essi mi apparivano curiosi ed interessanti.
Una successiva indagine di essi sembrò persino promettere bene per dare un
maggiore discernimento della natura nascosta del calore; e per permetterci di
formulare alcune ragionevoli congetture riguardanti l'esistenza, o
l'inesistenza, di un fluido igneo: un argomento su cui le opinioni dei filosofi
sono state , in tutte i tempi, molto contrastanti. Per far sì che la Società
possa avere idee chiare e distinte sulle speculazioni e argomentazioni che
questi fenomeni producevano nella mia mente, e anche degli specifici oggetti
delle investigazioni scientifiche che essi mi hanno suggerito , devo chiedere il
permesso di spiegarli con una certa ampiezza , e nella maniera che mi parrà la
più appropriata per riuscire in questo proposito.
Da dove viene il calore realmente prodotto nell' operazione meccanica
menzionata qui sopra?
E' fornita dalle scaglie metalliche che sono separate dalla fresa, dalla
massa solida di metallo?
Se questo fosse, allora, secondo le moderne dottrine del calore latente, e
del calorico, la "capacità per il calore" delle parti del metallo, così
ridotte in scaglie, dovrebbe essere non solo cambiata, ma il cambiamento subito
da esse dovrebbe essere grande quanto basta per influire su tutto il calore
prodotto.
Ma nessun cambiamento di quel genere aveva avuto luogo; poichè, prendendo uguali
quantità , in peso di queste scaglie, e di fini strisce dello stesso blocco di
metallo separate tramite un' eccellente sega , e mettendo essi, alla stessa
temperatura (dell' acqua bollente) in quantità uguali di acqua fredda (cioè alla
temperatura di 59,5 °F) io trovai che la porzione di acqua in cui le scaglie
erano state messe non era, apparentemente riscaldata nè più nè meno dell' altra
porzione , nella quale erano state poste le strisce di metallo. Avendo ripetuto
questo esperimento più volte, i risultati erano sempre così simili, che io non
potei determinare se un qualche cambiamento era stato prodotto nel metallo
"riguardo alla sua capacità di calore", essendo ridotto in scaglie dalla fresa.
Da ciò è evidente che, il calore prodotto non potrebbe in alcun modo essere
stato fornito a scapito del calore latente delle scaglie metalliche”.
Gli esperimenti di Thompson furono
trascurati fino alla metà del 1800, quando ebbero luogo due avvenimenti che
fecero in modo che la teoria meccanica del calore fosse uninamemente accettata.
Il primo fu un’intuizione di Julius Majer(1814-1878) che nel 1842 pensò che il
calore e il lavoro erano equivalenti e potevano essere convertiti uno all’altro.
Il secondo avvenimento fu proprio l’esperienza di Joule per determinare
l’equivalente meccanico del calore.