BREVE STORIA DELLE BIOTECNOLOGIE:
DALLE ORIGINI AL DIBATTITO ATTUALE
Scheda di Claudio Fantoni e Mattia Marinai
L'IPOTESI DEI "FERMENTI"
Con il termine "biotecnologia" si indica l'utilizzazione in modo programmato di sistemi biologici per la produzione di beni e servizi. I sistemi biologici possono essere costituiti da organismi interi, singole cellule (eucariotiche o procariotiche) o loro componenti molecolari (enzimi).
In questa definizione sono comprese tecnologie produttive antichissime (biotecnologie tradizionali) che hanno accompagnato l'uomo fin dai tempi più remoti. Ad esempio la vinificazione dell'uva , che è un processo biotecnologico, veniva conosciuto e applicato fin dai tempi biblici, senza che nessuno però lo capisse.
Tentativi di spiegare alcuni fenomeni come la trasformazione del vino in aceto furono affrontati da una nutrita schiera di studiosi di alchimia, (
vedi immagine) ma la comprensione di questi fenomeni non andava al di là dell'ipotesi dell'esistenza di fantomatici "fermenti" che avevano queste strane proprietà trasformanti. Comunque le numerose osservazioni, prove e ricerche degli alchimisti contribuirono allo sviluppo della chimica che sorse verso la fine del '700.
LA SVOLTA DELLA SECONDA META’ DELL’800
Nel 1856 fu chiesto a un giovane chimico francese , Louis Pasteur (
vedi immagine) di trovare un modo per evitare l'inacidimento di grandi quantità di vino che generalmente avveniva durante la fermentazione dl mosto.Pasteur identificò e isolò l'agente responsabile della trasformazione del mosto in vino: un organismo unicellulare chiamato lievito.
Il merito più grande di questo scienziato non fu solo ovviamente la soluzione del problema del vino, ma nel fatto che il suo lavoro era stato condotto con metodi scientifici, e non provando a caso o fidandosi della tradizione.
Egli poneva finalmente le biotecnologie su rigorose basi razionali e scientifiche
La seconda metà dell'800 è ricca di scoperte e intuizioni basilari per la biotecnologia moderna: Mendel formula le leggi fondamentali della genetica e poi Miescher scopre l'esistenza di acidi nucleici nelle cellule.
IL NOVECENTO
Il Novecento si apre con la produzione industriale di lievito ottenuto mediante la fermentazione aerobica.
La storia delle biotecnologie del ventesimo secolo inizia con la seconda guerra mondiale,periodo in cui c'era l'urgenza di produrre qualcosa di disponibile in grande quantità per curare i numerosi feriti.
Questa necessità portò alla collaborazione di scienziati e ingegneri per sviluppare il processo di produzione della penicillina, l'antibiotico scoperto già nel 1928 a Londra da Alexander Fleming, (
vedi immagine) il quale aveva capito che una muffa (penicillum notatum) produceva una sostanza che impediva ai batteri di crescere.Egli trovò infatti che in una coltura di stafilococchi, inavvertitamente esposta all'aria, si era sviluppata una muffa verdastra attorno alla quale le colonie batteriche erano scomparse.
Nello stesso periodo iniziano ad essere condotti in condizione sterili i processi biotecnologici per la cultura massiva di organismi microbici; queste tecniche eliminavano ilrischio di contamonazione da parte di altri organismi
Fra i prodotti ottenuti in condizioni sterili ricordiamo gli amminoacidi, gli acidi organici, gli enzimi, gli steroidi, i polisaccaridi, gli anticorpi monoclonali, i vaccini e gli antibiotici.
LE NUOVE SCOPERTE DEL DOPOGUERRA
Nel 1953, Watson e Francis Crick (
vedi immagine) concepiscono un modello di DNA a doppia elica che permette di ipotizzare il meccanismo della duplicazione del materiale genetico, ponendo così le basi molecolari dell'ereditarietà.Nel 1963 Edward L.Tatum, fondatore della "genetica biochimica" suddivide l'ingegneria genetica in tre categorie principali per modificare gli organismi:
Alle tecnologie "classiche" si affiancano biotecnologie innovative in cui vengono utilizzate tecniche di manipolazione del materiale genetico (ingegneria genetica) con numerose applicazioni in campo scientifico e industriale.
GLI ANNI ’60 E ’70
Negli anni '60 si sapeva che nei batteri vi erano degli enzimi specificatamente preposti alla riparazione del DNA e che tali enzimi erano anche impiegati nel processo di ricombinazione genetica che consente l'inserimento di materiale genetico virale nel DNA di un batterio.
Viene scoperto, infatti, il processo di riparazione per "taglio e rattoppo" di lesioni a carico del DNA da Setlow.
Degli enzimi di restrizione, nucleasi, tagliano la parte di DNA lesionata per azione di raggi ultravioletti, poi l'enzima DNA polimerasi inserisce i nucleotidi complementari che vengono fissati dall'enzima DNA ligasi.
E' così che verso la fine degli anni '70, nasce l'ingegneria genetica,che, sfruttando la tecnica del DNA ricombinante, (
vedi immagine) permette di creare nuove molecole di DNA attraverso l'unione di frammenti di DNA provenienti da specie diverse.Solitamente uno dei due frammenti di DNA che viene unito rappresenta il gene che interessa e l'altro un semplice vettore. Questa molecola di DNA ricombinante risultante può essere introdotta in cellule batteriche e quindi fatta riprodurre in migliaia di copie identiche (clonazione genica).
Nel 1972 viene ottenuta la prima ricombinazione da Berg, Jackson e Symons.
Ciò viene ritenuto come l'atto di fondazione dell'ingeneria genetica.
Una volta individuato il metodo per creare un DNA ricombinante nel 1973 Cohen, Boyer, Helling e Clang costituiscono in vitro un plasmide ricombinante che reinserito nel batterio si dimostra biologicamente funzionante sia che vengano inseriti geni della stessa specie, sia di specie diversa e superiore, come ad esempio i geni umani. Di conseguenza diventa possibile analizzare il DNA di organismi superiori.
Sempre in questo periodo vengono intraprese due strade per ottenere l'identificazione dei geni da replicare e il loro isolamento una volta che sono stati identificati e replicati: una tradizionale, cercando di risalire dalle proteine ai geni identificando gli RNA messaggeri per le proteine sintetizzate in modo abbondante, e costruendo, quindi il relativo DNA (cDNA) con l'enzima trascrittasi inversa, oppure perseguendo la strategia della "genetica al contrario", clonando i geni in modo casuale per creare delle banche di cloni da esplorare con particolari tecniche che consentono l'identificazione del gene.
La prima strategia viene presto abbandonata. Ha grande successo la tecnica del clonaggio, messa a punto da David Hogness e dalla sua èquipe ,che lavorando col genoma di Drosophila lo frammentano e costruiscono una banca di sequenze di DNA costituita da una popolazione batterica eterogenea, con un batterio che contiene un fago diverso, portatore di un frammento di DNA distinto.
Nel 1975 Cohen e Milstein ottengono anticorpi coltivando in provetta le cellule del sistema immunitario che li producono (linfociti) opportunamente fusi con cellule tumorali di mieloma. Si ottiene così un ibrido che produce grandi quantità di anticorpi con caratteristiche chimiche e funzionali ben definite.
GLI ANNI ’80 E '90
Nel 1981 la Corte Su prema degli Stati Uniti decide che i microrganismi prodotti dall'ingegneria genetica possono essere brevettati.
Martin Evans e il suo gruppo stabiliscono alcune linee cellulari prelevate da embrioni di topo nei primi stadi di sviluppo che conservano la totipotenza. In questo modo è possibile riprodurre animali chimerici costituiti da cellule con diversi patrimoni genetici, ma di solito della stessa specie.
Negli anni '90 vengono utilizzati anticorpi monoclonali per guidare le medicine contro il cancro fino ai tessuti cancerosi.
Sempre in questo periodo abbiamo nuove varietà di piante alimentari manipolate dall'ingegneria genetica capaci di fabbricare concimi di cui hanno bisogno e di resistere alla siccità e alla malattia.
L’OBIETTIVO DI OGGI
Qualche anno fa ha avuto inizio il progetto Genoma che si è posto un obiettivo ambizioso: prendere due metri di DNA che ognuno di noi porta in ogni sua cellula, strettamente avvolti in 46 cromosomi, srotolarli e "decodificarli".
Disseminati lungo la catena si trovano centomila geni umani,tutte le istruzioni che servono per costruire e tenere in vita ognuno di noi. Non solo: c'è scritto anche a quali malattie siamo predisposti, quanto a lungo possiamo vivere,che tipo di personalità abbiamo. Sulla catena c'è perfino la storia della nostra specie.
Gli scienziati studiano i geni umani per ripararli in caso di malfunzionamento in modo da eliminare le malattie ereditarie.
La totale conoscenza del DNA è fondamentale per capire come funziona l'organismo nei più piccoli dettagli, imparando quindi a comprendere sempre meglio i meccanismi della vita.
E in Francia si discute di embrioni, da Avvenire dell'11/12/2003
Mondo nuovo, il nostro futuro? da Avvenire del 15/12/2003
E in Francia si discute di embrioni
In Parlamento una legge sulla bioetica: posizioni opposte e difficile mediazione sui temi del diritto alla vita
Da Parigi Daniele Zappalà
Anche in Francia la bioetica è di nuovo al cuore del dibattito. L'Assemblée nationale completerà infatti oggi la discussione del progetto di legge destinato a dettare il nuovo indirizzo di Parigi su temi tanto delicati come la sperimentazione scientifica sui tessuti organici, la diagnosi prenatale, il genoma umano e l'"assistenza medica alla procreazione". Mentre i lavori proseguono, con sessioni anche notturne, c'è già chi ritiene un accordo parlamentare estremamente difficile. Anche in Francia, la bioetica è uno di quei temi capaci di sconvolgere ogni schema e maggioranza apparentemente collaudati. In un dibattito estremamente complesso che dovrà riesaminare un testo originariamente messo in cantiere nel 2001 durante il governo del socialista Jospin, il vero punto cruciale appare lo status dell'embrione. Si tratta del nodo su cui i punti di partenza restano estremamente distanti e condizionati da modelli di pensiero inconciliabili. Sulla liceità della sperimentazione sull'embrione, le posizioni più caute si scontrano con una parte della sinistra che legge la bioetica come "un rischio per il progresso scientifico". Quanto alle tecniche di fecondazione in vitro, esse sono state "assimilate" dai parlamentari e inquadrate in un modello che riconosce il diritto alla fecondazione artificiale alle "coppie di fatto" con una convivenza di almeno due anni. Ieri, su un dibattito che sembra comunque orientarsi verso una "relativizzazione" del vivente (una delle ipotesi prevede la sperimentazione sull'embrione "in via eccezionale" per 5 anni), è venuta una decisa presa di posizione dall'arcivescovo di Lione, monsignor Barbarin, che ha riaffermato con forza che "l'embrione non è una cosa". Per il momento, è stato soprattutto il Senato a opporsi a ogni deriva applicando un "principio di cautela". Ma a Parigi, il dibattito verte persino sulla brevettabilità del vivente. Restano numerose le ambivalenze, come la posizione del governo Raffarin sulla clonazione terapeutica. All'Onu, il ministro degli Affari esteri francese Villepin si era rifiutato di condannarla, mentre sul fronte interno il ministro della Sanità dello stesso governo, Jean-François Mattei, l'ha categoricamente proibita.
Mondo Nuovo, il nostro futuro?
Parla l'esperto di bioetica Leon Kass: "La deriva di una vita geneticamente controllata è più vicina di quanto crediamo"
Da Chicago Ivana Arnaldi
"Stiamo attraversando un'era in cui non esiste più la speranza in una vita ultraterrena. Non ci basta avere sconfitto il vaiolo o la polio, perché l'abitudine ai benefici della medicina moderna ci ha fatto diventare avidi. Così, l'aspirazione primaria è quella di vivere in buona salute e lontani dalla sofferenza fisica". Con queste parole Leon R. Kass, docente di Bioetica all' University of Chicago e membro dell'American Interprise Institute, commenta le problematiche delle biotecnologie. Lo studioso, che ha dedicato gran parte della sua vita ad affrontare questioni scientifico-morali, attualmente dirige il Consiglio di Bioetica statunitense. "Siamo la prima generazione che intende usare le cellule staminali embrionali, cioè i semi della prossima generazione, per assicurarsi la propria sopravvivenza - sostiene Kass - . Invece, quando si guarda l'embrione sotto un microscopio, bisogna sentirsi davanti ad una grande potenza: quella della nostra creazione, dell'inizio della vita umana, che non può essere fissato a un certo stadio dello sviluppo embrionale, in quanto è situato già al primo stadio dell'esistenza dell'embrione stesso. Purtroppo, la soddisfazione del desiderio ci ha condotti ad un'inflazione dei nostri desideri e questa mentalità consumistica viene alimentata anche da un'industria sempre più potente".
Secondo il pensiero corrente, la sperimentazione deve andare avanti. Perché fermare il progresso?, si dice...
"Prima di tutto, si tratta di evitare, per i medici come per i pazienti, quell'utopia che ipotizza una perfezione biologica in grado di eliminare la finitezza dell'uomo e, quindi, la malattia e la morte. E poi, ci siamo chiesti dove ci porterebbe la biotecnologia senza alcun controllo? Non ci avvieremmo verso il Mondo Nuovo preconizzato da Huxley? Si comincia con il razionalizzare la natura umana nei vivai umani, dove la vita è programmata geneticamente e non attraverso la procreazione. La felicità del Nuovo Mondo è una pseudofelicità ottenuta con gli psicofarmaci. Ma la loro umanità è spenta: niente amicizie o amori, nessuna arte o scienza e, soprattutto, nessun autogoverno. Se guardiamo alla nostra condizione attuale, ci accorgiamo che anche noi sembriamo dirigerci verso un mondo del genere anche se, in questo momento l'incubo di un mondo di bambini geneticamente progettati dai genitori è scientificamente improbabile".
L'avvento dell'ingegneria genetica e della clonazione ha riportato d'attualità le grandi domande alle quali soltanto la religione può rispondere. Ma così, si chiedono vari opinionisti, non si impone ai non credenti una prospettiva di fede?
"Si tratta di una posizione etica e non di un'imposizione. Negli ultimi venticinque anni, ho insegnato nell'Università di Chicago e sono rimasto colpito per il genuino ritorno di interesse verso le domande religiose da parte dei giovani. Molti di questi ragazzi sono figli di genitori scettici, seguaci del positivismo e nello stesso tempo di una sottospecie di visione utopistica illuminata. Questi studenti sono convinti che i trend dominanti della nostra cultura non hanno la profondità o la serietà morale a cui loro aspirano".
Non pensa che, senza i recenti progressi della ricerca, molti di noi avrebbero una minore aspettativa di vita?
"Anche se la maggior parte delle tecnologie biomediche sono state sviluppate per scopi terapeutici, una volta disponibili, nel bene e nel male, servono anche per altro. Saremmo folli ad affidare le nostre speranze nella sostituzione delle parti difettose del nostro corpo così come gli scienziati vorrebbero fare. Se restiamo come siamo, moriremo, ma se immaginiamo di diventare biorobot, pensiamo che sarà un miglioramento? Molte di queste tecnologie vengono utilizzate per scopi medici. Ma altri traguardi sono all'orizzonte: droghe per annullare memorie dolorose, geni per aumentare la forma e la resistenza dei muscoli, impianti nanotecnologici per le abilità motorie, senza tralasciare le tecniche per ritardare l'invecchiamento ed allungare la durata della vita".
D'altronde, questi sono vecchi desideri dell'uomo al quale, si insiste da più parti, si deve pur lasciare il libero arbitrio di realizzarli. O no?
"Ma siamo certi che l'uso delle nuove biotecnologie non sia dannoso oppure che saranno accessibili a tutti? Queste preoccupazioni non sembrano sfiorare affatto gli assertori della rivoluzione biotecnologica. Ma la nostra inquietudine sul futuro dell'umanità è qualcosa di più profondo visto che c'è in gioco il futuro dell'essere umano. In una visione ottimistica, potremmo dire che ci sarà un futuro di progresso; una società in cui molta gente potrà realizzare il sogno americano della libertà, della giustizia e della prosperità. Ma ci sono molti motivi per chiederci se la vita sarà migliore affidandoci alle biotecnologie. Negli ultimi vent'anni, viviamo con il sospetto che sta per essere violato qualcosa di profondamente sacro. Abbiamo cominciato cercando di ottenere qualche controllo sulla biotecnologia, ma la domanda è ancora aperta. In una società fondata sulle biotecnologie, le attività della vita umana potranno sembrare più favorevoli di quanto non siano. Ma, se vogliamo cominciare a pensare a un mondo migliore, dobbiamo farlo senza varcare le frontiere dell'etica. Altrimenti, sarebbe un delitto contro la stessa umanità. Sono certo che non è giusto bandire o proibire tutto, ma c'è bisogno di regolamentazione anche se, in alcuni casi, i confini imposti sono abbastanza. Tutto questo deve essere discusso da scienziati, politici e persone religiose" .